Pensavo fosse depresso invece era solo fidanzato

silia gala
8 min readJul 7, 2023

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È molto difficile per me oggi trovare qualcosa di più brillante dei podcast di Valeria Montebello sul tema delle relazioni.
Il modo che ha di entrare nella carne viva di alcune piccolezze dell’oggi e di ingigantirle facendole assurgere a veri e propri drammi — perché è così che li viviamo, d’altronde — , il modo che trova poi di scriverne: rintraccio un merito sia nella forma sia nel contenuto perché non è banale decidere di parlare di quelle che appunto spesso vengono derubricate a cosucce.
È che in un’epoca in cui viviamo attaccati ai dispositivi, chi decide cosa è una cosuccia, chi decide cosa è reale e cosa no? Personalmente avevo provato a parlarne qua, vabbè, momento auto-marchetta. In generale, comunque, le cose che produce Montebello mi danno l’agio di riflettere a mia volta visto che comunque, volente o nolente, di relazioni amorose io mi ritrovo a parlare su base quotidiana.
Perché? Perché ho le mie beghe, quelle delle amiche, degli amici e quelle inventate, quelle prese a mo’ di caso studio per parlare di altre cose, e poi ci sono i ricordi, i tentennamenti delle persone cui tiro fuori a forza alcune intimità sepolte, e le cose da scrivere etc., e quindi la verità è che sono circondata di continuo dai fantasmi benefici dei modi che hanno gli altri e le altre di stare insieme, dei compromessi, della mancanza d’aria che mi provocano alcuni modi di stare insieme (quasi tutti?).
E ora una bella quote di Sex and The City perché noi siamo così, un po’ pazzerelle e un po’ transmediali:

Comunque sia, dicevamo: Valeria Montebello ci piace, ci piace questa indagine sociologica à la Walter Benjamin, la ricostruzione di un senso delle cose a partire dai frammenti ingiustamente scartati.
E quindi mo’ è uscito il nuovo podcast, nel quale — a differenza dell’altro — viene proposta una sorta di posta del cuore tematica, ovvero lei si fa mandare degli audio da chi la ascolta e ne sceglie alcuni per la puntata successiva. È più corale, e sarà anche marketing ma quanto funziona bene il claim finale: “Se il sesso e le relazioni devono essere una presa a male, almeno che sia collettiva”. Non posso che essere d’accordo, e soprattutto mi viene in mente come parlarne porti a più parlarne che porta a parole migliori che porta a concettualizzazioni migliori e da qui a maggiore auto-coscienza e tutto questo non perché dobbiamo diventare lo Spirito della Conoscenza dei Rapporti che si auto-conosce ma perché rimanere limitati ai bofonchiamenti da spogliatoio di sicuro non ci aiuta a progredire verso una più luminosa conoscenza di cosa ci sia là fuori per noi (di solito freaks, secondo Miranda Hobbes; possiamo lavorarci su questo).

La prima puntata di “È solo sesso” di Valeria Montebello parla di microcheating, una pratica che ho esperito sulla mia pelle a 18 anni quando stavo con questo ragazzo più grande che passava il tempo sui social a likkare le foto di velleitare Suicide Girls e io che gli chiedevo: perché devi mettere mi piace? Non puoi semplicemente guardarle, ammirarle nella loro siderale lontananza? E certo che non poteva, se no come avrebbe fatto ad avere il minimo barlume di speranza di scopare con qualcuna di queste? (Anni dopo per fortuna c’è riuscito, e io ho cominciato a disprezzarlo di meno, paradossalmente.)
Vedevo queste tette esagerate, i tatuaggi, le pose provocanti, i capelli viola — e poi guardavo me che non c’entravo niente con quel prototipo di donna e non capivo come facesse a starci con me se, con ogni evidenza, il suo ideale da avere nel letto era una Valchiria incrociata con una Centuriona-steampunk-ribellina_84.
“Ma quello è virtuale, tu sei reale”: non mi ha mai convinta. Anche perché anche io e lui ci eravamo conosciuti su Internet: eravamo reali io e lui prima, dopo o durante averlo presentato ai miei genitori ed essere stata io presentata ai suoi?
Comunque, come detto: anni dopo a quanto pare ‘sto virtuale è diventato reale, ed è riuscito a portarsi a letto una tatuatrice che cercava ospitalità nella città dove viveva lui (e invece ha trovato un pisello, oplà!). Incredibile come delle volte uno voglia solo offrire un tetto sopra la testa e invece si ritrovi con una tetta accanto alla testa.

Dicevamo, microcheating: come riporta Montebello:

Una cosa è certa: prima esisteva un solo tradimento, quello base, fisico, corporeo […] oggi esistono milioni di micro-tradimenti diversi e non c’è nessuna regola stabilita. E la verità è che sono aumentate le cose da tenere nascoste e quindi è aumentato il campo d’indagine. E le tracce non si cercano più in casa, nel letto, nelle tasche ma su almeno tre dispositivi mobili […].

Io vorrei solo dirvi quanti dei vostri fidanzati lo fanno come se solo delle ragazze leggessero questo pezzo ma spero non sia così e allora in questo caso il maschile plurale vedete come ci torna scomodo?!
No, dovreste proprio sapere quanti dei vostri fidanzati e quante delle vostre fidanzate fanno queste birichinate: tutti, tutte. Perché? Perché non è reale, perché è innocuo, perché cosa vuoi che succeda? Ma come, non l’avete mai sentita la storia di quello che ha messo la fuocherello reaction per otto mesi di fila e poi si sono sposati?
Torniamo ai numeri: tutti, tutte.
Sono dappertutto, sono anche quelli carini con la camicia e il maglione a v, sono anche quelle dolci che la sera vi fanno trovare la cena pronta: anzi, sono sopratutto quelle obbedienti che cucinano i pasti per voi che state fuori oltre i tempi massimi e le trascurate e loro si riprendono la loro auto-determinazione così. Libertà è partecipazione, diceva qualcuno; oggi mi sembra più appropriato “likkare è auto-determinazione”.
Però sapete cos’è la cosa peggiore di tutto questo? È che le cose spesso rimangono là, nei pixel, nel vuoto, nell’intangibilità. (Menzione speciale al ragazzo che qualche mese fa dal nulla mi ha chiesto: “Ti piace fare sexting e basta?” come se fosse un hobby qualunque accanto al découpage o al volontariato nelle colonie feline). Certo, il digitale non è non-reale, però quando si va a pesca poi il pesce a ‘na certa lo si vorrebbe mangiare, no?
Dato l’incerto statuto ontologico del virtuale, non abbiamo delle stelle polari sicure a guidarci nell’esplorazione di cosa ci sia là fuori per noi se ci mettiamo a indagare il micro-cheating.
Continua Montebello:

Quindi viene da chiedersi: quanti micro-tradimenti ci vogliono per configurare un tradimento intero? Cinque, otto? Al decimo like alle tette di un’altra lo lasci? Al terzo sexting extra-coniugale la cacci di casa?

Ma soprattutto, chi prepara la cena tra le due parti in causa?
Questioni che non mi competono visto che io al momento non sono in coppia ma sono dall’altra parte della barricata: la ricevente.
La vita da ricevente è dura: se uno inizia a mettere cuoricini o cuoricioni, se inizia a mandare cazzatine, se poi a te piaciucchia il flirt — qual è il momento giusto in cui chiedere “Scusa ma hai la fidanzata?”. Non si dà mai il momento giusto: foto ce ne sono, ma magari risalgono al 2019. Con le vite che facciamo, vuoi che non si siano lasciati? O sono di quelli solidi come la pietra e annoiati come dei sassi?
Non sono pochi i maschi che vanno in cerca di occasioni di like a ogni costo verso la mia tribù, quella delle riceventi: siamo quelle ragazze che scrivono cose un po’ argute ma sappiamo anche metterci in posa davanti a un obiettivo tirando in dentro la pancia. Di noi ce ne sono migliaia, siamo una maggioranza silenziosa e ogni giorno dobbiamo scansare attenzioni non richieste (non è un trauma finché non diventa una molestia) e attenzioni che potrebbero lusingarci pure, se si capisse qualcosa della condizione o meno di libertà di chi si sta proponendo come datore-di-like.
Se a vent’anni l’interesse di una persona fidanzata aveva su di me un effetto di immediato boost dell’autostima, la me trentaduenne di oggi non può che empatizzare con la ragazza dolce che li guarda scrollare pigramente Instagram sul divano e mettere i cuori alle foto di culi, spalle, polsi lontani da loro una manciata di chilometri.

Ho empatizzato anche con la fidanzata di questo tipo che dovevo vedere mesi fa, e che si è negato più volte per un appuntamento nonostante io gli avessi fatto un bonifico da 5 euro per dimostrare che mi chiamassi proprio così, e si negava adducendo di essere depresso per il lavoro che faceva, e che gli serviva del tempo per rimettersi in sesto, e però gli faceva piacere parlare con me e scriverci le zozzerie e scambiarci opinioni sul mondo e che poi è sparito ed è ricomparso due mesi dopo e ancora non diceva nulla e io gli ho chiesto: C., ma che era successo? e lui continuava a nicchiare e a un certo punto messo alle strette ha ammesso di avere sì una piccola depressione ma soprattutto sì di avere una piccola relazione di cui non aveva fatto neanche una piccola menzione e quindi ecco lui doveva stare in questa coppia e farla funzionare ma ci teneva a vedermi prima o poi e ci teneva davvero perché io sono spigliata e bionda ma lei eeeh la sua ragazza non era proprio come me, nossignore, lei non lo faceva divertire come me e allora io a un certo punto gli ho detto: ma che senso ha fare sexting se sei fidanzato? dai accanna e lui ha provato un po’ a rincorrermi — molto poco, per la verità — e poi si è smaterializzato del tutto. Ovvero ha fatto una cosa che in tanti non sanno fare: sparire completamente.
Da cui Pensavo fosse depresso invece era solo fidanzato.

E quindi: l’ha tradita? L’ha tradita con me? Il sexting è configurabile come reato massimo verso la coppia monogamica?
Non lo so, ho perso le tracce, ma mi ha dato da pensare per tanto tempo: perché è una cosa piccola, è una cosa che sta dentro il telefono, ma delle ripercussioni dovrebbe poterle avere. Forse ce le ha solo per chi è sensibile al tema, forse qualcuno se la vive in leggerezza.
Ma il mio pensiero va a lei, a lei che spero un giorno si svegli, si giri verso di lui e gli chieda: com’è che hai Tinder sul cellulare?

P.S. racconto da prospettiva femminile-eterosessuale per forza, io femmina etero sono.
Un eventuale contributo integrativo maschile non è solo gradito, ma incoraggiato.

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